La campagna „United we stand“ essere costituito da diversi gruppi e le persone single per sostinere e organizzare la massima solidarietà e il massimo supporto per tutte le persone che sono colpito da repressione. Daremo la massima importanza a le G20-priogionieri in priogione durante i loro processi.
In particolare invitiamo tutti i gruppi, i cui compagni, amici e parenti sono in prigione – allo scambio, a conoscerci meglio, sviluppare idee e strategie, possiamo apprendere gli uni dagli altri. Il nostro obiettivo è quello di sviluppare la forza di diferende insieme contro la repressione. La riunione non è il seguito al vertice G20 di Amburgo.
Il nostro progetto di programma
Venerdi: Arrivare, cenare insieme e sederci comodi
Sabato: Colazione, Situazione attuale dei processi. Poi, vogliamo
discutere in piccoli gruppi. La nostra proposta sono quattro moduli
tematici.
Questi sono soli proposte, se avete altre idee, cambiamo il programmo.
Domenica: Colazione,
Dalle ore 14.00 Dimostrazione e manifestazione di fronte al prigione
Billwerder.
Iscrivetevi al più presto, così possiamo organizzare il cibo e possiamo
dare un sostegno alle spese di trasporto e il pernottamento.
Ci vediamo all’inizo di novembre.
UNITED WE STAND!
Notificia: [email protected]
Posto per dormire: [email protected]
Il 7 di Luglio dell’anno 2017 iniziava il G20, l’ennesimo summit internazionale come ormai molti se ne tengono durante l’anno in cui un manipolo di padroni del mondo si incontra per sedere ad un tavolo, compiacersi a vicenda sorseggiando vini pregiati, disquisendo di come spartirsi il saccheggio del pianeta esanime nel quale viviamo. Capita così che il neoliberista di respiro europeo Macron stringa la mano del dittatore genocida Erdogan in un salotto ben arredato mentre ci si accorda sulle strategie di soppressione e violenta repressione delle rotte migratorie di transito in Turchia verso l’Europa occidentale, succede che la conservatrice simpatica ai progressisti Merkel sorrida alle battute del razzista stupratore Trump mentre si decide su come devastare l’ecosistema ed avvelenare l’atmosfera oltre il punto di non ritorno, accade che l’oligarca autoritario nazionalista Putin riceva una pacca sulla spalla dal fantoccio Gentiloni mentre concede qualche metro cubo di metano in più in cambio del silenzio in occasione della prossima Crimea o della prossima legge omofoba ed omicida. Succede tutto questo, per tutti i giorni dell’anno tutto l’anno.
Imperversa la Peste mentre la brava gente dorme.
Dalle rivolte di Genova, Seattle, Heiligendamm sono passati molti anni, si pensa che non vi sia nulla da temere. Quel movimento di protesta è morto, dicono. La famigerata ‘globalizzazione’, che in quegli anni era spauracchio di un futuro incerto, oggi è il presente, talmente attuale quasi da non poter immaginare di vivere senza. Tutto ciò che usiamo, ciò che mangiamo, che guidiamo o vestiamo è prodotto in schiavitù altrove, da altri/e che non percepiamo e riconosciamo come persone, dei cui destini non ci curiamo e che non riescono a fare presa sulle nostre coscienze assopite. Questa volta tuttavia, i padroni del mondo scelgono di incontrarsi nel pieno centro di Amburgo, quasi per sfida. Una città la cui storia è ricca di lotte per la giustizia sociale, che celebra periodicamente l’autonomia di alcuni quartieri con proteste e rivolte. Ed è proprio in uno di quei quartieri, Lo Schanzenviertel, che i potenti si incontreranno per celebrare la loro farsa.
La sfida viene accolta e da mesi prima inizia una mobilizzazione che lascia presagire la volontà di opporsi con determinazione, si annuncia una larga partecipazione. Nei giorni prima del Summit compagne e compagni da tutta Europa si incontrano nella città tedesca, mentre la polizia mette in pratica da subito una politica di tolleranza zero: le case vengono perquisiste, iniziano gli arresti preventivi dei ‘soliti noti’, il campeggio dove le persone di fuori si erano radunate viene sgomberato con la forza. La strategia repressiva che la polizia intende mettere in atto si palesa in modo ancora più chiaro durante il corteo del 6 luglio, in cui sbirri antisommossa attaccano da più parti prima ancora che si possa muovere un passo, costringendo le persone a fuggire tra i lacrimogeni nella zona del porto. L’efficienza dell’apparato repressivo sembra inscalfibile e tutto lascia presagire che i tre giorni proseguiranno senza che la quiete venga turbata, mentre tiranni e dittatori godono dell’eccellente programma previsto tra una cena di gala ed un aperitivo con vista.
Nella giornata di Venerdi 7 Luglio tuttavia qualcosa sembra cambiare sin dalla mattina, quando auto di lusso e veicoli diplomatici ardono in diverse parti della città creando fitte colonne di fumo nero. Azioni spontanee di gruppi autonomi si susseguono durante la giornata, diversi cortei non autorizzati attraversano le strade e simboli del capitale vengono attaccati. La polizia non riesce a reagire in tempo, vengono richiesti rinforzi dalle città vicine e squadre di sbirri arrivano ad Amburgo con colonne di auto sulle autostrade o in elicottero. Ma non basta. Gruppi affini iniziano a convergere verso lo Schanzenviertel, proprio il quartiere dove all’interno della Messe (Fiera) si sta svolgendo il Summit. Si ergono barricate, si combatte la polizia e la si costringe fuori dal quartiere per ore. Banche e supermercati vengono assaltati, le strade sono occupate. “Sembrava di essere ad Aleppo” dirà il giorno dopo un cittadino scandalizzato e che probabilmente non ha mai visitato la città siriana. Proprio quella Aleppo martoriata dalle bombe di Putin, Erdogan e Trump che a pochi metri da quel cittadino preoccupato decidevano del futuro della Siria e di chissà quali altre guerre future.
La quiete è stata turbata.
Durante la rivolta contro il G 20 di Amburgo un nostro compagno, Riccardo, è stato arrestato ed è attualmente detenuto nel carcere di Billwerder. A lui come ad altri 35 manifestanti di cui altri 5 italiani, è stata confermata la custodia cautelare in attesa di processo. Poco ci importa conoscere dettagli, non ci interessa definire il come. Sappiamo il quando, sappiamo il perché. Perchè l’apparato di polizia tedesca umiliato dalle strade in fiamme tentava con squadre speciali e fucili alla mano di rifarsi la faccia arrestando in massa chi in strada era rimasto e intendeva lottare con determinazione. Davanti alla rabbia incontenibile il Potere rivela il suo vero volto e lo esplicita in tutta la sua brutalità.
Il momento storico nel quale ci troviamo ha estremizzato le responsabilità e le conseguenze del sistema capitalista sulle nostre vite. Davanti al progressivo sgretolarsi del quotidiano (ormai fatto di alienazione, lavori estenuanti e mal remunerati, rapporti umani finti e filtrati da onnipresenti gingilli tecnologici) che marcia di pari passo alla irrecuperabile distruzione del pianeta che ci ospita, riteniamo l’azione e la resistenza non solo difendibili, ma urgentemente necessari. La solidarietà a Riccardo ed a tutte/i le/i prigioniere /i arrestate /i in occasione del G 20 di Amburgo diviene elemento di continuità con quei giorni di lotta, per essere ogni giorno sabbia negli ingranaggi della macchina assassina del capitale, per protrarre ed allargare la volontà di opposizione contro coloro che permettono al sistema gerarchico e capitalista di esistere e che da esso traggono profitto.
Supportiamo i prigionieri estranei alla logica della dissociazione e della presa di distanza. Crediamo che il punto di forza dimostrato in questa lotta si realizzi anche nella scelta di continuità degli imputati, successivamente all’arresto, rispetto alla volontà di partecipare alle giornate contro il g 20. In questo caso, nell’assenza di differenziazione fra “buoni e cattivi” si realizza un superamento rispetto al passato italiano. La coesione fra gli imputati diventa un punto di forza sia per affrontare la repressione che per il rilancio e la continuità della lotta stessa.
Contemporaneamente alla presenza solidale sotto al carcere di Billwerder ad Amburgo, organizzata per la giornata di domenica 6 agosto, invitiamo ad un presidio solidale nella piazza San Lorenzo a Genova, per dimostrare la nosra vicinanza ed il nostro supporto agli arrestati.
Un abbraccio solidale a Riccardo ed a tuttx le/i prigioniere /i di Amburgo!
Solidarietà e forza ai rivoltosi del g20!
Compagni e solidali da Genova
]]>Car* Compagn*,
Oggi ho chiuso la quarta stanghetta (IIII). Sono infatti passati già 20 giorni da quando sono stato vigliaccamente e brutalmente preso e atterrato alle spalle da una delle unità speciali tedesche della Polizei ad Amburgo. Una volta fermato, hanno iniziato subito a frapporsi tra i tanti solidali che si avvicinavano per strada e a disturbare la comunicazione con chi si affacciava dai balconi, mentre iniziavano a perquisirmi gettando tutto per terra, dispiaciuti di non aver trovato niente se non un classico k-way quechua, per altro appeso esternamente allo zaino. Innervosito, un energumeno di due metri è arrivato persino a recuperare una bottiglia ed un casco, pur di provare ad estorcermi una confessione davanti alla telecamera. Da lì è iniziato il valzer delle camionette, la prima perquisizione corporale in una caserma e poi il GeSa, prigione speciale costruita appositamente per il G20 e costata 5 milioni. Si trattava di un vecchio magazzino con all’esterno diversi container e all’interno di questi, unicamente illuminati con la luce artificiale dei neon, un innumerevole numero di celle prefabbricate. Entrato lì, sono stato prima denudato totalmente, hanno controllato anche le cuciture delle mutande e mi hanno tolto orologio e felpa, in nome della mia sicurezza; poi è arrivato il turno dell’alcool test; infine mi hanno fotografato e due poliziotti mi hanno condotto in cella, prendendomi a destra e a sinistra e piegandomi le braccia dietro la schiena (modalità di accompagnamento che poi hanno utilizzato per ogni spostamento). Prima di chiudermi in cella, mi hanno anche tolto scarpe e occhiali da vista, sempre in nome della mia sicurezza. La cella era buia, insonorizzata, addobbata con una strettissima panca di legno e un bottone per le necessità. Non mi è stato concesso di chiamare un avvocato fino alle 4.30 circa del mattino, avvocato che ho visto molte ore dopo. Diversi gli abusi e la pressione psicologica esercitata in quel posto. Alcuni di noi sono stati chiamati in udienza dal giudice senza nemmeno che gli venisse concessa la presenza di un avvocato. Presenza che, loro malgrado, si è rivelata inutile dinnanzi a giudici, il cui unico interesse era sentire se ammettevi o no il tuo reato. Dopo molte altre ore al GeSa hanno iniziato i trasferimenti in carcere.
Primasosta Billwerder. Ci sono rimasto 2/3 ore prima di essere rimpacchettato e trasferito ad un altro carcere, un carcere minorile chiuso ed aperto solo per una decina di noi. Stanze singole, un’ora d’aria e socializzazione al giorno, il resto delle 23 ore chiusi dentro (per concederci di più, il “capo” doveva prima accertarsi che ce lo meritassimo). Ci hanno permesso di chiamare l’avvocato dopo ben quattro giorni e dopo continue richieste. Avendo iniziato a liberare i compagni
tedeschi, dopo sei giorni ci hanno riportati tutti a Billwerder, dove ho trovato Orazio (ero venuto a conoscenza del suo arresto uno/due giorni prima) e conosciuto gli altri compagni italiani e non. Anche qui, dopo la prima notte in un’ala ci hanno trasferiti in un’altra il giorno dopo, dove siamo stabili da una decina di giorni. Durante questa permanenza, tutti a giro, abbiamo presenziato al siparietto messo in scena per il riesame. A giudicarci, dei giovani giudici, uomini e donne, bramosi di far carriera sulle nostre spalle. Ci hanno confermato, ad uno ad uno (gli internazionali), la permanenza in carcere. A testa china, per non incrociare i nostri sguardi, leggevano verdetti già scritti in perfetto accordo con i PM. Nel mio caso, nello specifico, non sono nemmeno stati letti i motivi per cui veniva rifiutato il ricorso, essendo il mio caso
uguale al precedente. E dire che in tempi “normali” al reato che ci viene contestato ai più, ovvero il lancio di una o più bottiglie, corrisponde una sanzione pecuniaria. Ma certi che avremmo raccolto la provocazione di un summit organizzato in via del tutto provocatoria ad Amburgo (dopo che la città si era già rifiutata con un referendum di ospitare le olimpiadi), a ridosso di quartieri sempre resistenti e insopprimibili (ST. Pauli, Altona, Sternschanze), le autorità tedesche si sono premurate di irrigidire le pene.
La pessima gestione “dell’ordine pubblico” tenuta da Dudde (capo della
polizia di Amburgo) e i suoi sgherri nei giorni precedenti al summit, quando sono stati attaccati e manganellati degli attivisti che pernottavano in una decina di tende in campo tra l’altro autorizzato, doveva già lasciare intendere qualcosa circa quello che sarebbe accaduto nei giorni del summit. In ogni caso, quell’attacco ingiustificato non ha sortito l’effetto desiderato, non ha spaventato nessuno. Ed ecco che arrivati al giorno 6 luglio, giornata in cui la stampa tedesca preannunciava da giorni, mesi, l’arrivo del “più grande blocco nero della storia”, ad Amburgo è esplosa la rivolta. In molti eravamo presenti quando la manovalanza di Dudde, dopo aver ricevuto i suoi nervosi e urlati ordini dall’altoparlante, ha attaccato con manganellate, idranti e spray urticanti un corteo non ancora partito.
Forse davvero pensavano, si illudevano, che i 15.000 uomini impiegati sarebbero riusciti a mantenere l’ordine delle strade di Amburgo. Ciò che invece è realmente accaduto l’avete visto tutti. La violenza praticata dalla polizei tedesca non ha fatto altro che rimuovere la linguetta a quella granata a frammentazione pronta ad esplodere. E come tante schegge schizzate ovunque, diversi focolai di rivolta si sono accesi un po’ ovunque. Le continue invasioni della zona rossa hanno ridotto le aree protette e attaccato gli hotel che avrebbero dovuto ospitare i potenti, costretti a spostare con gli elicotteri e con la metropolitana le loro delegazioni mentre nel resto della città di Amburgo regnava l’inferno. Ad ogni tentativo di esacerbare la situazione, la rabbia collettiva si è ritorta contro. Alla clamorosa sconfitta subita è inutile dirvi che la polizei ha risposto attivando i più infami mezzi di repressione: fermi di massa, ingenti posto di blocco in tutte le città tedesche e detenzioni ingiustificate. Ad oggi i dati parlano di circa 35 compagni in galera e una cinquantina di denunce per abuso di potere per gli uomini di Dudde.
Aver partecipato al G20 di Amburgo sarà per noi un’esperienza che ci
porteremo dietro a lungo, non tanto per la detenzione, che non ha neppure intaccato minimamente i nostri ideali, quanto per la gioia di aver rovinato la festa ai potenti del mondo, che dietro i baluardi dello “sviluppo” e della democrazia, continuano a uccidere e imprigionare quanti si oppongono alle loro politiche, continuano a decidere sulla vita dei nostri fratelli e sorelle migranti.
Convinti di essere nel giusto e con il vostro sostegno terremo duro fino alla fine. In molti detenuti, in questi giorni, ci hanno fermato e chiesto se fossimo qui per il G20, rispondendoci poi con sorrisi e strette di mano. D’altronde, cos’è un ladro per necessità se non una vittima dell’andamento dei cicli del capitale? E a cosa servono le galere se non a difendere i ricchi?
Complici e solidali con gli altri compagni nelle galere del mondo e vicini a quanti danno la vita giornalmente, mossi dagli stessi ideali.
Con l’augurio di riabbracciarvi tutt* presto.
A pugno chiuso,
Ale
Ps. A molti dei professori ed estimatori dell’Unione Europea vorrei chiedere a cosa serve la supremazia del diritto europeo su quello degli stati e a cosa serve esserne cittadini se poi ne hai in cambio disparità di trattamenti, se creano problemi per le visite in carcere ai tuoi amici quando come documento presentano “solo” la carta d’identità e la patente e gli viene chiesto il passaporto. Noi la nostra risposta ce la siamo già data da tempo.
]]>È passato quasi un mese e mezzo da quando sono stato arrestato durante
il dodicesimo vertice del G20, ad Amburgo, in una città assediata e presa in ostaggio dalle forze dell’ordine, ma che ha anche visto nascere per l’occasione una contestazione locale e popolare molto importante.
Decine di migliaia di persone, se non di più, affluendo da tutta l’Europa, se non da più lontano, si sono incontrate, organizzate e si sono trovate insieme a discutere, sfilare per più giorni in un grande slancio di solidarietà e coscienti di poter subire in ogni momento la violenza e la repressione della polizia. Per l’occasione è stato costruito, addirittura, un immenso tribunale di polizia, in un prefabbricato, allo scopo di sanzionare nel più breve tempo possibile ogni tipo di contestazione contro questo vertice internazionale.
Il mio arresto, come quello di molti/e compagni/e, si basa solo sulla sacrosanta parola della polizia, quella di una brigata addestrata per infiltrarsi, osservare e pedinare “le sue prede”(quarantacinque minuti nel mio caso, per un presupposto lancio di oggetti..), finché una volta isolate, trovano la possibilità di arrestarle mandando colleghi che intervengono velocemente, violentemente, senza lasciare nessuna scappatoia.
Eccomi quindi rinchiuso in questo luogo primordiale per il buon funzionamento di un ordine sociale globale, utilizzato come strumento di controllo e di gestione della miseria, essenziale per il mantenimento della loro “pace sociale”. Il carcere agisce come spada di Damocle al di sopra di ogni individuo cosicché sia pietrificato davanti all’idea di trasgredire le regole e al diktat di un ordine stabilito “metro,lavoro,consuma,dormi”, al quale nessun dominato dovrebbe sfuggire per così essere alienato dalla propria vita, sempre in orario, senza mai battere ciglio. Così anche durante il secondo turno delle presidenziali, nel corso delle quali si aspettavano da noi che stessimo “En Marche”1 oppure che morissimo, preferibilmente in maniera lenta e silenziosa.
Il diritto non avendo vocazione ad assicurare il bene generale e nemmeno a essere neutro è l’espressione di una dominazione sempre più aggressiva, istituita dai potenti per garantire loro proprietà e sicurezza e quindi paralizzare, sanzionare, emarginare chi non vede le cose allo stesso modo o chi non si piega.
Al di là dei casi di militanti/e detenuti/e, in genere abbastanza sostenuti/e e messi/e in primo piano in queste situazioni, perdurano anche e sopratutto i casi di uomini e donne abbandonati/e alla brutalità e alla crudeltà della reclusione carceraria. Qui il lavoro è retribuito un euro all’ora, di cui la metà è percepibile solo una volta liberati/e. Nella mia sezione i detenuti in detenzione provvisoria o per pene brevi (dai sei mesi ai quattro nni) sono principalmente rinchiusi per un motivo solo: la loro condizione e origine sociale. A parte il personale, pochissimi provengono dal paese ospite, tutti sono stranieri, rifugiati e/o precari, poveri, indeboliti dalla vita. Il loro crimine: non sottomettersi alle “loro” regole del gioco, nella maggioranza dei casi rivolgendosi alla vendita di stupefacenti o commettendo scippi, truffe,in solitaria o in gruppi organizzati a diversi livelli.
La reclusione è un pilastro primordiale di questo sistema e non si può criticarla senza attaccare la società che la produce. Il carcere, non funzionando in autarchia, è il tassello perfetto di una società basata sullo sfruttamento, la dominazione e la divisione sotto svariate forme. “Il lavoro e la prigione sono due pilastri essenziali del controllo sociale, il lavoro essendo la migliore delle polizie e il reinserimento, un ricatto permanente.”
Un pensiero per i compagni/e italiani/e colpiti/e da un’ennesima ondata repressiva, in particolare agli imputati nell’indagine sull’”ordigno esplosivo” innescato davanti a una libreria legata a Casapound. L’estrema destra così utile e complementare agli Stati che si nutrono delle sue aspirazioni, dei suoi deliri securitari e dell’incessante stigma dello “straniero” deve essere affrontata con una risposta organizzata, popolare e offensiva.
Un pensiero anche ai compagni che a settembre affronteranno il processo relativo all’episodio avvenuto il diciotto maggio dello scorso anno in cui una macchina degli sbirri è stata bruciata, a Parigi, durante il movimento sociale contro la “loi travail”. Molte persone sono passate dal carcere e tuttora due sono ancora dentro. Forza a loro!
Ringraziamenti ai compagni di qui che a volte organizzano presidi davanti al nostro carcere, iniziative molto apprezzate, che spezzano la routine e lo stato di letargia al quale siamo costretti. Ringraziamenti anche a tutti/e quelli/e che, da vicino o da lontano, ci sostengono.
Per i Bro’, 161, MFC, OVBT, jeunes sauvages, quelli che BLF e altri/e amic(he)i…
Compagni, forza !
Liberiamo i/le detenuti/e del G20 e tutti/e gli/le altri/e!
Non siamo soli!
Un detenuto tra tanti altri,
Carcere di Billwerder, Amburgo.
14.08.2017
Il G20 è passato, ma per noi non c’è motivo di passare all’ordine del giorno.
Più di 100.000 persone di tutte le correnti sono scese in strada per manifestare contro il G20 ad Amburgo. Già nella fase precedente questa resistenza è stata attaccata. Sono stati vietati accampamenti e manifestazioni, sono stati perquisiti appartamenti. Ci sono stati arresti, divieti d’ingresso, alcune persone sono state avvertite che si consideranno come soggetti pericolosi. E poi anche durante le giornate della protesta moltissime persone sono state ferite dalla polizia, centinaia di attivisti e attiviste sono stati/e detenuti/e. 36 persone stanno ancora in custodia cautelare, molti di loro compagni e compagne di altri paesi chi erano venuti/e ad Amburgo per protestare contro il vertice G20.
Nostri/e compagni/e stanno in galera, perché sono scesi/e in piazza insieme a noi contro la politica misantropica del G20 e il suo vertice assurdo qua ad Amburgo. Adesso hanno bisogno di noi e di nostro aiuto! E non ci riferiamo soltanto a quelli ancora detenuti, ma anche alle persone chi saranno colpite della repressione futura. La solidarietà dev’essere molteplice. Si ha bisogno di tantissimi soldi per i processi, ma anche per le relazioni pubbliche. Si ha bisogno dell’appoggio di persone individuali, ma anche è necessario rimanere uniti contro la repressione. Nostro scopo è una campagna di solidarietà internazionale che comprende tutte le correnti politiche e nella quale molte persone possono impegnarsi.
Nonostante tutte le diffamazioni durante e dopo il vertice né le media né le autorità di sicurezza sono riuscite a dividerci. E non ci riusciranno! Questo vertice adesso è terminato, ma nostra lotta per un mondo migliore senza guerra, sfruttamento, oppressione e galere continua. E questa lotta la condurremo insieme ai compagni/alle compagne ancora in carcere.
United we stand!
Che cosa si può fare concretamente:
Conti per donazioni:
Per i processi:
Rote Hilfe e.V.
Stichwort “G20”
IBAN: DE25 2605 0001 0056 0362 39
BIC: NOLADE21GOE
Sparkasse Göttingen
Per appoggiare la campagna sul posto:
Rote Hilfe e.V.
Ortsgruppe Hamburg
Stichwort: „United we stand“
IBAN: DE06 2001 0020 0084 6102 03
BIC: PBNKDEFFXXX
Domenica 3 settembre 2017
H.14.00 concentramento alla fermata della metro di Billwerder/Moorfleet
Corteo e presidio al carcere di Billwerder
Domenica 3 settembre vogliamo ritrovarci al carcere di Billwerder per salutare i nostri amici che la città di Amburgo tiene in ostaggio dietro alte mura da quasi due mesi. La scorsa volta sono riusciti a sentirci nonostante gli abbiamo anticipato l’ora d’aria, per tenerli lontano dalla nostra solidarietà. Questa è una ragione in più per ritornare a salutare in tanti e rumorosi i nostri fratelli NO G20 davanti al carcere.
Unisciti a noi, ci saranno caffè, torte, musica e microfono aperto per gli interventi.
3 settembre 2017 al carcere di Billwerder. Per favore fateci sapere in anticipo le canzoni preferite dei compagni in carcere, quindi se gli scrivete o andati a trovarli chiedetegli cosa vorrebbero ascoltare.
UNITED WE STAND!
]]>da giovedì sera hanno deciso di modificare il tuo regime di detenzione, rendendolo ancora più restrittivo. Potrai ricevere visite solo se autorizzate dal tribunale. Tutte le tue telefonate, se per caso decidessero di iniziare a lasciartele fare, dovranno essere autorizzate e saranno controllate. Tutte le lettere che ricevi e che scrivi saranno fermate, tradotte e controllate. Tutti i pacchi dovranno sottostare agli stessi controlli.
So che sei stato avvisato di questo e che hai reagito con amarezza. Ti capisco, è lo stesso sentimento che provo io. Questo nuovo regime non mi permetterà di venire a visitarti domenica, come mi avevi chiesto, e potrebbe arrivare ad escludere ogni possibilità di contatto con te.
Questo atto di restrizione delle regole a cui sei sottoposto è illegittimo, in quanto ti trovi in carcere solo per evitare il pericolo di fuga, in attesa di un futuro processo. Quindi non può essere limitato in alcun modo il tuo diritto di comunicare con l’esterno del carcere. La tua avvocatessa valuterà in che modo procedere contro questa assurda decisione.
Io continuerò a scriverti lunghissime lettere, ricopiando anche testi di libri, canzoni, poesie, tutto quello che mi verrà in mente per farti sentire meno solo, in questo momento che stanno rendendo sempre più pesante. Ti voglio bene.
(Status della mamma di Fabio il più giovane degli arrestati al G20 di Hamburg)
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